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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), I, 12
 
originale
 
[12] Tunc ego sensi naturalitus quosdam affectus in contrarium provenire. Nam ut lacrimae saepicule de gaudio prodeunt, ita et in illo nimio pavore risum nequivi continere de Aristomene testudo factus. Ac dum in fimum deiectus obliquo aspectu quid rei sit grabatuli sollertia munitus opperior, video mulieres duas altioris aetatis; lucernam lucidam gerebat una, spongiam et nudum gladium altera. Hoc habitu Socratem bene quietum circumstetere. Infit illa cum gladio: "Hic est, soror Panthia, carus Endymion, hic Catamitus meus, qui diebus ac noctibus inlusit aetatulam meam, hic qui meis amoribus subterhabitis non solum me diffamat probris verum etiam fugam instruit. At ego scilicet Ulixi astu deserta vice Calypsonis aeternam solitudinem flebo." Et porrecta dextera meque Panthiae suae demonstrato: "At hic bonus" inquit "consiliator Aristomenes, qui fugae huius auctor fuit et nunc morti proximus iam humi prostratus grabattulo subcubans iacet et haec omnia conspicit, impune se laturum meas contumelias putat. Faxo eum sero, immo statim, immo vero iam nunc, ut et praecedentis dicacitatis et instantis curiositatis paeniteat."
 
traduzione
 
?Come ? vero che certe impressioni, a volte, producono reazioni contrarie. Capita spesso, per esempio, di piangere per la gioia; cos?, nonostante il terribile spavento io non potetti trattenere il riso vedendomi da Aristomene mutato in tartaruga. Steso per terra, coperto dal provvidenziale lettuccio, sbirciavo cosa stesse accadendo ed ecco che vidi entrare due donne di et? piuttosto avanzata: l'una reggeva una lucerna accesa, l'altra una spugna e una spada ignuda. Con quel loro armamentario si avvicinarono a Socrate che se la dormiva placidamente: ?'Caro il mio Endimione' esclam? quella che portava la spada 'eccolo qui, sorella Pantia, il mio Ganimede, quello che giorno e notte ha abusato della mia innocenza e che ora non soltanto mi diffama vigliaccamente ma si accinge a squagliarsela. Ma io, allora dovrei fare la fine di Calipso abbandonata dallo scaltro Ulisse e piangere la mia eterna solitudine?' ?Poi con la mano tesa indic? me a sua sorella Pantia 'Ma guardalo l?, Aristomene, questo bel consigliere, che ha avuto la bella pensata della fuga e che ora se ne sta mezzo morto accucciato sotto il letto a guardare illudendosi di passarla liscia dopo che mi ha coperto di improperi. Costui te lo servir? dopo a dovere, anzi no, all'istante si dovr? pentire della sua linguaccia e della sua curiosit?, questo impenitente ficcanaso.'
 

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